Note critiche

 

Maria Laura Riccobono ha esordito, un po’ sommessamente, nel marzo ’99, dopo alcuni anni di lavoro, di studio, di ricerca nel laboratorio che ella stessa ha creato, ricomponendo il paesaggio con le pulsioni del sentimento, dandogli una singolare luminosità.

Ha partecipato a notevoli rassegne. Di recente, da parte del Centro d’Arte La Tavolozza di Sanremo, le è stata donata una targa per essersi distinta all’8° Festival Internazionale della pittura contemporanea. La Riccobono ha esordito nel collage figurativo, usando vegetali, sassi, traendo dalla forma il soggetto prescelto, intonandovi il colore, ritagliando le forme a seconda della necessità, fino a pervenire a una sperimentazione alquanto rara e avvincente. Piante con fiori, piante da giardino e selvatiche, peregrine o comuni sagacemente trattate, usate e saggiate con pazienza certosina, producono, su una superficie adeguata, a ragion veduta scelta, effetti sorprendenti, mediante la tecnica del collage. Il progetto così si rivela nella sua interezza. Vediamo paesaggi montani e collinari, boschivi e marini ricchi di suggestiva luminosità, densi di rilievi naturali, deliziati da trasparenze di specchi d’acqua, irrorati di luce mediterranea, sovrastati da nitori o da densità di cieli, in sintonia con le stagioni, nell’eterno ciclo dell’esistere, sapientemente costruiti, con effetti prodigiosi in termini di rilievo e di luminosità dell’insieme.
Dalla virtù della piante stessa l’artista ricava anche il colore che si effonde e si stende in eufonia di luce. L’idea madre di Maria Laura Riccobono è quella della bellezza nella creazione perenne. Una bellezza, come notava Goethe, liberatrice, in quanto modera e placa o sublima i tumulti del secolo, nella creazione artistica.
Nelle varie composizioni, nella diversità dei temi, nell’avvicendamento dei toni cromatici si rileva una perfetta identità di bellezza e armonia, assi portanti dell’attività compositiva dell’autrice. Ciò avviene tramite un’immedesimazione nelle cose, non abbozzi di vita, come voleva la scienza ottocentesca, ma vita essa stessa, secondo alcuni epigoni del nostro rinascimento che furono artisti e alchimisti, cercatori di verità nel reale.
Sulle orme di Goethe, lo spirito individuale ripercorre le tappe della natura per conoscere la propria essenza e il mondo. Maria Laura Riccobono fonde l’opera del naturalista a quella dell’artista. La facoltà della creazione artistica non diverge da quella della conoscenza della natura. Ma c’è anche un messaggio etico, insito nell’arte (mai estrinseco, secondo la scuola kantiana) della Riccobono. Pensare e operare come un tutto armonico, sintesi di transitorietà e di perennità non come un atomo disancorato, disarmonico, perduto nello spazio.
2001            Filippo Solito Margani

Quel pensiero lieve potenziato dalla fantasia
Maria Laura Riccobono conduce la sua ricerca figurativa ed estetica con la tecnica del collage, ma di un particolare collage, realizzato con l’utilizzazione di foglie. Foglie, appunto: quegli elementi vegetali che fungono da organo di respirazione delle piante, essiccate e compresse dentro piccole presse che l’artista ha appositamente ideato e fatto costruire.
Le foglie vengono opportunamente disposte e fissate con della normale colla nello spazio del quadro che, come spazio reale, è destinato in questo caso ad accogliere elementi prelevati direttamente dalla realtà.
E’ ovvio che la disposizione “opportuna”, sullo sfondo che l’artista predispone in olio o tempera,è in funzione del colore e delle forme delle foglie: e’, cioè, del rosso o marrone acceso della vite americana, o dei grigi e marroni chiaro del banano, oppure dei beige del ficus. O ancora dei grigi tigrati dei ciclamini, delle varie tonalità marmoree dell’edera. Ovviamente l’elenco delle piante utilizzate è molto più lungo:radici di bulbi o di tubero, piante selvatiche con ogni tipo di fiori e di foglie e così via. Alla loro ricerca, raccolta, essiccazione e conservazione la Riccobono si dedica con la passione di una collezionista e la competenza di una studiosa. Ma in lei prevale, ovviamente, la predisposizione estetica che la porta a selezionare il materiale raccolto in funzione di un tentativo di rappresentazione, di una vera e propria operazione “artistica”. Per tale operazione si ispira alla sua visione del mondo, al progetto di ridisegnarlo secondo i suoi sogni ed i suoi desideri, partendo, ovviamente, da una emozione. Una emozione che coinvolge il suo immaginario: il che vuol dire il campo del mitico, dell’onirico, del fantasmatico, ma anche dell’irrazionale.
E’ bene ricordare che il collage, almeno nella moderna storia dell’arte, nasce da Picasso, che con questa tecnica, definita una delle più fertili e liberatorie dell’arte moderna, appunto, volle – come scrisse Apollinaire – “interrogare acutamente l’universo”, più di quanto, aggiungiamo noi, non avesse fatto con i mezzi tradizionali della pittura. E’ così che Maria Laura Riccobono, riconducendo nell’unità e nell’armonia compositiva i vari reperti, i detriti della natura, crea i suoi paesaggi, rende concrete le sue visioni figurative fatte di allusioni, vaghezze cromatiche, lusinghe oniriche e fantasmatiche.La sua pittura, rispetto al corrente e più usato modo di esercitarla,è quindi il portato dell’utilizzo di una singolare tecnica ma,nel contempo, di una rinnovata creatività immaginativa, di un pensiero, come dire, concettualmente lieve, potenziato fantasticamente. Un territorio, questo, che merita di essere ancora esplorato, così come la Riccobono sta esplorando. Ed è,da un lato, come un proseguire in avanti, verso l’arricchimento della “imagerie”, e, cioè, del deposito di immagini a disposizione dell’umanità, che vanno a costituire l’immaginario collettivo, e, dall’altro, un ritorno alla bottega artigiana. Ciò, per la cura che lei mette nella ricerca dei reperti, nella loro trattazione, ma anche per la pratica di una “pittura” che non si allontana dai canoni antichi che ne costituiscono il fondamento e che si riferiscono al disegno, al colore, alla composizione. Vi è, in queste opere, che pure non possono definirsi naives, una ingenuità e una freschezza proprie di quel tal genere di pittura per il ritornante idillio naturalistico, per un vago surrealismo misticheggiante, per la festosità del colore, per il gusto primitivo del racconto. Vì è, per concludere, in questi lavori della Riccobono un che di “sorprendente “, nel senso proprio della sorpresa, della voglia di stupire. E in un mondo, compreso quello dell’arte, in cui oggi tutto sembra scontato, non è poco. E’ bello che qualcuno abbia ancora voglia di stupirsi e di stupire. Ma pensiamoci: cosa sarebbe mai l’arte se perdesse del tutto la sua capacità di suscitare, oltre ogni altra sensazione o emozione, lo stupore?
Marzo 2002            Dino Ales

Pittura allo stato puro
E’ passato quasi un secolo da quando Picasso inventò i primi collages, o Schwitters accumulava biglietti del tram. Chi si meraviglia più dei vari “modi” di dipingere, cioè dei materiali? Si è arrivati addirittura al trash: a fare arte (se così si può dire) con i rifiuti. Queste cose Maria Laura Riccobono ben le sa. Sa, sopratutto,che quel che conta non è il mezzo, ma il fine: l’espressività. Non a caso ha scelto di dipingere con frammenti di vegetali: Più che una sfida è un bisogno, il suo, di far sentire come propria la materia dell’arte: di entrare quasi in essa, di sentirla parte integrante del suo sentimento. Di viverla.
Quando ella racconta di come riesce a sfruttare pittoricamente minuscoli fuscelli e semi e foglioline, viene alla mente il gran “libro” di Cennino Cennini. Lì l’allievo di Agnolo Gaddi insegnava ai pittori del primo Quattrocento la preparazione della materia pittorica: colori, colle,mescole, olii, tempere, affreschi, miniature. Una autentica scienza. Quella scienza non dico s’è persa, ma è stata trascurata anche dai grandi artisti del ‘900 (penso ai quadri di De Pisis che deperiscono sempre di più o a quelli di Rothko che si polverizzano). Nessuno oggi rimprovererebbe, dopo tante funeste esperienze, alla pittrice palermitana di curare così pazientemente la qualità intrinseca della sua pittura: quindi il valore della materia che si trasforma in colore e, di riflesso, in luce.
Certo: come per i quadri antichi, bisogna adusare l’occhio alla scoperta delle più infinitesimali qualità della materia. E’ un esercizio che potrebbe apparire nuovo, in un’epoca come la nostra di brutalità e violenze cromatiche. Si tratta di scoprire, lentamente, le sottili, meravigliose “nuances” dei colori, i rapporti segreti, le affinità, magari i contrasti, le gradazioni che potrebbero non essere avvertite da chi getta sul quadro un occhio distratto (e da lontano). Perchè, in realtà, è questo il fascino della pittura di Maria Laura Riccobono: essa è una continua rivelazione, un campo aperto su cui l’occhio può aprire ampi, imprevisti spiragli per il godimento dello spirito. L’uso dei frammenti vegetali e persino del loro pulviscolo impalpabile, unito talora alle pennellate a tempera o ad olio, provoca infatti un quid di meraviglia che non è soltanto ottico. Talora si percepiscono le foglie con i loro filamenti: ed esse giganteggiano rendendo il paesaggio quasi visionario, persino fantomatico, come un invenzione inconsueta, direi onirica. Sono dimensioni diverse che si incontrano e si scontrano, con effetti altamente suggestivi. Altre volte il medium pare nascondersi: lo si riconosce per certi scarti della forma, per certe finezze del tutto nuove, per una particolare rifrazione della luce. Allora il dipinto acquista il timbro di una realtà spiritosa, quasi burlesca: e per ciò accattivante. E’ il caso, ad esempio, delle figurine che ultimamente l’artista immette come protagoniste (vedi “Sala d’attesa, e La bevuta”).
Il fatto è che l’artista sa dosare perfettamente il mezzo secondo le sue intenzioni d’arte. Ogni quadro è uno stato d’animo: un motivo che passa magari da un umore all’altro. Si sente in taluni casi la dolcezza lirica, la contemplazione, la trasfigurazione di un paesaggio amato; in altri, una qualità di racconto sapido e persino ironico, modulato con scatti estrosi; in altri ancora, una fuga verso approdi fiabeschi, quasi irreali, come un sogno ad occhi aperti. Ma è sempre il colore che gioca simbolicamente sul registro delle emozioni. E’ un colore ora tenerissimo, sfrangiato di mille sfumature; ora più marcato, specie per gli acuti dei rossi; ora tenuto su una temperatura tonale, fatta di paesaggi sottili; ora acceso come un tripudio che dagli occhi trapassa il cuore. E, ancora una volta; la materia appare e dispare: si scioglie liquidamente oppure balza illusionisticamente allo sguardo. Direi che questa è pittura allo stato puro: pittura “naturale”, senza inquinamenti ed artefici. Forsechè il nostro tempo, così nevrotico e concitato, non ha bisogno di questi tuffi voluttuosi nell’ambiente puro della natura? I quadri di Maria Laura Riccobono sono fragranti e genuini come il buon pane casereccio. Li si guarda amorosamente; li si tocca; li si annusa; li si gode. V’è la tentazione di appropriarsene in tutti i sensi. Ma il vero grande approccio è quello del sentimento.
Ottobre 2003           Paolo Rizzi

Natura, ricordi e realtà attraverso un attento collage dai colori autunnali e dall’armonia dei paesaggi. Nel perfetto gemellaggio tra ambiente naturale e cieli sfumati, l’artista si rivela una attenta interprete e osservatrice di luoghi. E’ questo il contenuto artistico di M.L. Riccobono: pensieri vissuti e conservati in chiare memorie personali. Le sue composizioni vivono con eleganza nel silenzio della natura, dove le voci risonanti sono i movimenti di alberi e foglie, ravvivanti con coerenza cromatica. Tutto è perfettamente rispondente alla realtà: in assenza di una marcata linea grafica di contorno la rappresentazione si avvale della prospettiva, adatta a comporre e sovrapporre quinte sceniche immobili e suggestive.
L’attenzione descrittiva la porta al dettaglio della natura e a quello di insolite architetture di sfondo. L’immobilità della scena è fissata nel suo ricordo come la sottile malinconia autunnale di chi riproduce memorie.
Dott. Arch. Isabella Convertino critico d’arte

Una pittura sperimentale, quella di Maria Laura Riccobono, che va oltre il descrittivismo per cogliere i caratteri fondamentali di fusione tra io e natura. E proprio il collage, nella sua caratteristica interomissione di elementi esterni e interiorità creativa, permette all’autrice di creare un’arte viva, naturale nell’espressione ed intensa nel significato. Semioticamente il significante pittorico esprime la complessità del mondo e della natura, ma nella sua dimensione simbolica trasfonde i più intimi segreti dell’autrice, ormai giunta ad una matura e compiuta scelta tematica e tecnica.
Una pittrice completa che ha superato lo sperimentalismo neo-avanguardista dell’arte italiana uscendo dal limite dell’arte per l’arte, assegnando sentimento e significato a tutto ciò che produce.
Giuseppe Manitta

La natura restituita alla natura
Può anche darsi che la migliore conoscenza, approfondimento e accettazione, in senso “artistico” della tecnica del collage presso il pubblico in genere sia anche il riflesso dell’affermarsi del suo rotelliano contrario (il decollage). E ciò fors’anche per contrasto, o per improvvisa illuminazione; malgrado, cioè, una storia forse millenaria e, in ogni caso, a fronte di straordinarie esperienze, ampiamente storicizzate, che fan capo ai più bei nomi – un vero, specialissimo Gotha – dei grandi Movimenti della pittura moderna e contemporanea: dal Cubismo che l’ha consacrato, al Dada, dal Suprematismo al Bauhaus, al Futurismo….
Oggi il “Collage”, nato per opposizione alla “pittura”, quando non anche per irriderla, non solo s’è presa la sua grande rivincita come metodo “pittorico” ma ha anche un suo posto di rilievo nella didattica artistica, mentre i capolavori dei suoi grandi profeti, Maestri del Novecento, trionfano nei musei e nelle pagine dei testi di Storia dell’Arte.
C’è, a ben guardare, una specie di sviluppo a “contrariis” nella storia del Collage, che prosegue anche in quella della sua originale interprete palermitana, Maria Laura Riccobono, nei confronti della quale la critica e la stampa nazionali non hanno lesinato interesse ed apprezzamenti proprio in ragione della particolarità del suo lavoro.Perchè, infatti diverso e nuovo è il punto di partenza “creativo” della Riccobono. Diverso e nuovo sia in ordine all’assunto originario cubista, mirante a rivoluzionare i tradizionali mezzi espressivi in funzione di una nuova invenzione formale; sia, ed ancor più, ove si guardi agli sviluppi del metodo tra le due Guerre ed a seguire, caratterizzati da una enfatica casualità dell assemblaggio e del montaggio del materiale extrapittorico, per una sorta di “trama surreale di una nuova esistenza” come spiegava Schwitters.
Maria Laura Riccobono non usa cose a caso per de-costruire la realtà con intenti sostitutivi ma sceglie la Natura per restituirla a sè stessa. E procedendo con spirito di “ricerca” scientifica, solennizza il ritorno alla Pittura e ai suoi “naturali” contenuti, utilizzando i materiali della Natura medesima. Non colori, ma il più vasto assortimento vegetale immaginabile. piante, fiori, erbe, frutti, radici e foglie di ogni genere, attentamente raccolti, profondamente studiati, sezionati, essiccati, pressati, trasformati, catalogati alfine come elementi di colore puro ed originario.
Quella di Maria Laura Riccobono è, dunque, l’ambizione – realizzata – di potere essere “pittura allo stato puro”, secondo una felice – e del tutto veritiera – definizione che di essa ha dato qualche anno fa Paolo Rizzi.
Foglie, scorze, frutti, fiori del banano forniscono alla Riccobono alcuni degli “Ingredienti” della sua tavolozza (un rosso naturale che si trasforma in un rarissimo marrone; un grigio di particolare intensità; un versatile reticolo che che si ricava dalla scorza…).
Foglie, sempre fresche, e petali che divengono trasparenti nella pressatura. Ed a tracciare un elenco diventa a dir poco impossibile, perchè si va dal papiro al grano,dalle palme alle felci, dai porri alle cipolle, dalla vite americana (profondi rossi) ai gerani, alle primule, al gelso bianco, al nespolo; dalle carote selvatiche al ficus alle cortecce di ogni genere, alle zinnie… Ecco dunque gli elementi di colore e di forma, che troviamo nelle opere della Riccobono. Opere dall’impianto figurativo classico, talvolta con risvolti impressionistici, talaltra con impronta espressionistica o, in tempi più recenti, sempre più tendenti a soluzioni informali se non proprio astratte. Ma, sempre, realizzate con assoluta, si direbbe religiosa metodologia pittorica e cioè facente capo ad un’idea, un sentimento, un’emozione, uno stato d’animo. Ma anche un progetto. Artistico. Perchè, è bene precisarlo, non si è, qui, di fronte ad un processo artigianale che più o meno sfocia in un fare artistico o, invertendo, in un’operazione con dignità artistica che si realizza mediante un sapiente artigianato. Maria Laura Riccobono realizza ciò che Gillo Dorfles prevedeva per il futuro dell’arte e che definiva “Nuovo artigianato”, in cui la manualità e la fantasia avessero ancora “un’autonomia rispetto alla cretività virtuale” Nei collages di Maria Laura Riccobono vediamo insomma felicemente risolta quella meravigliosa, costante dialettica tra l’idea, i mezzi espressivi e la tecnica, tra la fantasia, l’immaginazione e la materia. C’è assoluta “corrispondenza” tra la tradizionale operazione pittorica (scelta ed uso dei colori, progetto grafico, segni e luci, prospettive etc.) e l’impianto “scenico” del montaggio creativo della Riccobono. Certamente più emozionante, però, per l’artista e poi per il fruitore, ciò che attiene al miracolo della forma/colore, che può dipendere dal caso o dalla intenzione, ma che scaturisce da un elemento “vero” che spesso torna ad essere quel ch’è stato… quasi a tentare un solitario riordino ecologico del mondo. L’esito, alla fine, è quel che dà ragione di un sofferto ed a un tempo gioioso cammino creativo; un lirico componimento pittorico che, alla distanza visiva ordinaria, è solo purissima “pittura”. Non il gioco fantastico e fantasioso di un prestigiatore ma un sapiente equilibrio tecnico da cui sortisce il dosaggio della “materia prima” con la capacità inventiva; la ricerca di effetti cromatici graduati, accoppiati, fusi e amalgamati in accordi tonali che spesso nascono da una prima casuale scelta e che poi si estendono in armonici ritmi compositivi, quasi struttura musicale. Sopratutto nella produzione più recente, che vede Maria Laura Riccobono ampliare la propria ricerca espressiva sul versante informale, quasi una sfida con movimento oltre che di delicatezza cromatica (come in Tonnara, o in Castello di Sperlinga in cui larghe foglie si espandono come ampie spatolate, o ancora in Infinito), la nuova dimensione produttiva offre uno spaccato di estremo nitore interpretativo di tutte le potenzialità di quest'”artista-artigiano”, che sa guardare al futuro con semplicità ma con Fantasia, disegnando Geometrie tra Kandinskij, Mirò e Klee alitando su un coloratissimo Vento di Primavera, mentre un afoso Vento di scirocco soffia in un immenso cielo arancione…
L’uso dell’olio o dell’acrilico su cartoncino consente alla Riccobono più calde tonalità coloristiche (Il fantasma giallo) ma è ancora la sua più familiare materia naturale che le permette sconfinamenti simbolisti (La spia) o esiti formali di estremo interesse pittorico ed artistico, come nell’opera “Nel profondo del bosco”, dove la perizia del collage si sposa con l’uso dell’acrilico su cartone mentre un colpo d’ala di decollage conferisce al dipinto un meritorio inserimento nella miglior produzione di referenzialità astratto-concreta. Il pittoricismo di Maria Laura Riccobono non è più,allora, una variante consapevole e finalizzata della sua metodologia artistica, ma la conferma di un atto d’amore verso la Pittura come “linguaggio tout court”.
La Natura restituita alla Natura si fa paradigma di un processo che prescinde dalla necessità rappresentativa o dalla negazione della rappresentazione. Nel superamento dialettico tra forma e non-forma questi quadri “vegetali” ci ripropongono insomma l’assioma di Hans Arp: “L’arte non rappresenta più la natura. E’ diventata essa stessa natura”.
Novembre 2005           Pino Schifano

Stralci critici

Oggi essere originali vuol dire fare parte delle reminiscenze del novecento pittorico con la volontà di entrare a pieno merito nel III millennio.
Rosario Velardi pittore

La luce dei tuoi quadri è come una stella, la tua mano è stata veloce come una freccia nel colpire il bersaglio dei monti, del mare, sono acqua che scorre pura lungo le pareti degli occhi, momenti che si sciolgono in tenerezza di bimbi.
Stefania Riccobono pittrice

Questi quadri esprimono l’idea naturalistica e la combinazione degli elementi contenuti nei collage.
Prof. Antonino Renda critico d’arte

di Maria Laura Riccobono ciò che particolarmente colpisce è la straordinaria capacità di impostare l’impianto scenico, attraverso una creatività del tutto personale, ammaliante e abile dove una nuova realtà artistica viene portata ad inediti aspetti e nuovi significati. Arte quindi degna di attenzione soprattutto per gli sviluppi che potrà maturare in tempi non lontani […]
Prof. Vito Cracas critico e storico d’arte

Usa una strana affascinante tecnica di collage con elementi naturali che caricano l’opera di verismo cromatico. Abile anche come ritrattista sa cogliere l’elemento psichico dei soggetti e tradurlo in pittura densa di naturalismo.
da La “Nuova di Venezia e Mestre” del 5/9/2008 – Ezio Zanesini

Nei due ritratti si legge tutta la forza intuitiva della pittrice, mentre il casolare con abbeveratoio delinea un momento di vita campestre. Singolare la tecnica del collage.
da “Gente Veneta” del 23/8/2008 – Giorgio Pilla

Nelle sue concrezioni fatte di colore e collages, dominate da delicati ed opalescenti riflessi luminosi (dati alla stesura di vernice sulla tela), ha accentuato la componente agreste del soggetto. Agendo in tal senso, ha maggiormente arricchito la componente visiva e veristica dell’immagine dipinta.
Galleria “Lazzaro by Corsi”, Milano – da “Gente Veneta” del 9/2/2008 – Giorgio Pilla